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DA POPULAR A PREMIUM: LA PROSSIMA SFIDA DEL VINO ITALIANO
L’Italia del vino? Un’immagine popular e un’anima premium.
È questa l’estrema sintesi dello studio del neonato Osservatorio di Unione Italiana Vini realizzato in collaborazione con Vinitaly e presentato nel corso della Special Edition di Verona (17-19 ottobre). Se, infatti, è ormai chiaro che l’Italia è in corsa verso la fascia di prezzo più alta, rimangono ancora diversi ostacoli sul percorso. La domanda da cui partire è la seguente: siamo allineati con il resto del mondo? Secondo l’analisi dell’Osservatorio Uiv, ad oggi, solo il 5% delle bottiglie di vino fermo italiano destinate all’export esce dalle cantine a più di 9 euro al litro, mentre il 75% non supera la soglia dei 6 euro. Un posizionamento più basso non solo rispetto a competitor come Nuova Zelanda, Francia e Australia ma anche sulla media mondiale degli scambi. Complessivamente, quindi, è il segmento popular (3-6 euro/litro) a essere il più presidiato dal vino tricolore nel mondo con quasi la metà dei volumi, seguito dal basic (fino a 3 euro) con il 28%, dal premuim (6-9 euro) con il 20% e dal superpremium (oltre i 9 euro).
Tuttavia, se si guarda al cammino di questi ultimi dieci anni, di strada ne è stata fatta. Se nel 2010 la fascia basic era quella più occupata dal vino italiano (48% Vs il 36% della fascia popular), nel 2020 i vini tricolori si sono decisamente spostati verso la fascia popular (48% Vs il 28% della fascia basic). [...]
Prossima fermata, premiumizzazione
Se il Prosecco rappresenta l’emblema del vino italiano nel mondo, la sfida verso l’alto riguarda comunque tutte le denominazioni. Bene, quindi, essere passati da basic a popular, ma bisogna considerare questo primo traguardo solo un punto di partenza. “La crescita del valore negli ultimi anni è stata più rilevante rispetto a quella degli altri Paesi produttori” sottolinea il segretario generale di Uiv, Paolo Castelletti “ma siamo a metà del guado e i margini potenziali sono notevoli, considerata la qualità del prodotto. Serve un cambio di passo sul fronte del posizionamento del brand e dell’identità del nostro vino”. D’altronde i tempi sono maturi per il grande salto, anche grazie ai rimbalzi post crisi e alle aspettative dei consumatori maturi rispetto ad un’offerta premium. L’arma da usare, come conclude Flamini, è già nelle nostre mani e risponde al nome di denominazioni: “Si tratta dei nostri veri brand. E come brand, quindi, dovranno ragionare e riposizionarsi in termini di prezzo”. Vietato sbagliare le prossime mosse.
Clicca qui per leggere il Settimanale Tre Bicchieri n.41 21 ottobre 2021
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