Scoperto in un'urna in vetro il vino più antico del mondo

Nella necropoli di Carmona, nel sud della Spagna, è stata ritrovata un'urna funeraria contenente un vino in forma liquida. Si tratta di un vino che ha circa duemila anni, risale al I secolo d.C., ed è attualmente il più antico ritrovamento tangibile finora.

Quello di Carmona infatti, scavalca il primato raggiunto dal vino rinvenuto in SpiraGermania nel 1867, risalente al IV secolo dopo Cristo. Chiaramente non si tratta delle prove più datate dell'esistenza del vino, infatti, da quello che sappiamo, la coltivazione di vite da vino ha origine 11.000 anni fa (ne abbiamo parlato in un nostro articolo precedente). Tuttavia, i ritrovamenti si riducevano a tracce, in alcuni casi intangibili oppure conservate allo stato solido, ma mai allo stato liquido, ecco perché questi due esempi risultano così importanti. Ma sveliamo di più su quest'ultima affascinante scoperta.

Nelle necropoli, si sa, vengono spesso rinvenuti oggetti di uso comune che aiutano a fornire un'importante testimonianza sugli usi e costumi delle epoche coinvolte. La particolarità di questa scoperta, oltre all'ottimo stato conservativo, è dovuta alla sua composizione e all'usanza ad essa legata. In un'urna in vetro contenente circa 5 litri di vino sono stati rinvenuti resti umani e un anello d'oro appartenenti ad un uomo sepolto lì illo tempore. All'interno della tomba, sono stati trovati, in realtà, altri elementi appartenenti ai familiari del defunto: in un altro loculo, è stata rinvenuta una seconda urna contenente resti di un individuo di genere femminile e gioielli d'ambra, immersi stavolta in un altro liquido, un profumo al patchouli (il più antico esempio documentato finora).

Deporre alimenti e oggetti nella tomba, in modo da poter accompagnare il defunto verso una vita migliore, era una pratica ricorrente, a noi meno esperti, già ben nota. Più interessante sono i due aspetti emersi circa le sepolture in epoca romana: il primo riguarda l'uso del vino per immergere resti umani come rituale volto alla purificazione dell'anima, tradizione che pare riguardasse esclusivamente gli uomini. Il secondo - legato indissolubilmente al primo - riguarda la distinzione di genere, in vita come in morte, tra uomini e donne: per un certo periodo infatti, alle donne fu proibito di assumere vino; questo elemento fu evidentemente considerato incompatibile con l'universo femminile anche come modalità di "passaggio verso l'ultraterreno", l'uso del profumo nell'urna ne è una testimonianza.

Il ritrovamento è datato 2019 ma ha richiesto non pochi anni lo studio intrapreso immediatamente dopo e pubblicato dal "Journal of Archaelogical science: reports" dai ricercatori dell'Università di Cordoba.
Diverse analisi sono state effettuate per reperire dettagli utili: dalla cromatografia e spettrometria di massa è stato possibile dimostrare che nel liquido rossastro contenuto nell'urna ci fosse traccia di etanolo e di sette particolari polifenoli; la mancanza di uno in particolare, tipico dei vini rossi - l'acido siringico - lascia intendere che si tratti di un vino bianco che ha subìto delle variazioni di colore.

Sulle origini geografiche pare ci siano ancora dubbi, anche se, visti i riscontri di alcuni sali minerali in altri vini bianchi dell'epoca, potrebbe trattarsi dell'antica provincia romana di Betica, l'odierna Andalusia.  

Fonti:
Notizia su Gambero Rosso 19 giugno 2024 e Wine News 18 giugno 2024;
Report Università di Cordoba

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