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Dealcolati: il via alla loro produzione anche in Italia
L'eco delle notizie sui vini low e no alcol in Italia, è sempre più forte. C'è chi ne intravede prospettive di crescita interessanti e chi ne considera, al momento, solo gli aspetti critici. C'è di vero che questo gran parlare ne aumenta la sua rilevanza. Basti pensare alla nascita di eventi fieristici dedicati o al debutto quest'anno, in fiere rinomate come il Vinitaly.
Ad ogni modo, i dealcolati hanno guadagnato terreno, prefigurandosi come produzione dall'ampio margine di guadagno soprattutto all'estero.
Tutto questo però, non parte soltanto dall'effetto di una tendenza sempre più mirata al consumo di bevande a bassa gradazione alcolica, ma anche dall'ok definitivo che arriva dal Ministro dell'Agricoltura, Francesco Lollobrigida.
Il decreto giunge dopo due anni dal Regolamento europeo del 2021 ed ha permesso di uniformare la situazione italiana al contesto europeo ed internazionale.
La sua approvazione a metà dicembre 2024, dopo diverse rielaborazioni e modifiche, ne ha stabilito definizioni e linee guida per la produzione di questa categoria di bevande, fornendo indicazioni anche su diciture in etichetta per informare al meglio i consumatori.
Da oggi infatti, si può chiamare "vino" dealcolato se possiede un tenore alcolico rispettivamente non superiore ai 0.5 gradi o "parzialmente" dealcolato se è tra i 0.5 e i 0.9 gradi. Prima si potevano definire "vini" solo le bevande che rispettavano indicazioni ben precise e regolamentate (dall'art. 1 del D.P.R. 12.2.1965 si legge: «Il nome "vino" è riservato al prodotto ottenuto dalla fermentazione alcolica totale o parziale dell'uva fresca, dell'uva ammostata o del mosto d'uva, con gradazione alcolica non inferiore ai 3/5 della gradazione complessiva. La gradazione alcolica dei vini non può essere comunque inferiore a 6°, mentre quella complessiva naturale non può essere inferiore a 8°. Il vino bianco ottenuto dalle uve aromatiche del vitigno "Moscato" può essere posto in commercio con gradazione alcolica svolta comunque non inferiore a 4»).
La produzione parte dal vino classico, il quale può essere sottoposto a due processi per la rimozione dell'alcol: la distillazione sottovuoto e l'osmosi inversa. Senza entrare in dettagli puramente tecnici, nel primo caso è previsto l'inserimento del vino in una colonna di distillazione a 30° per estrarre i composti volatili, per poi rimuovere l'alcol. La seconda modalità invece, permette di eliminare l'alcol facendo passare il vino attraverso una membrana. In entrambi i casi, bisognerà fare attenzione affinché nei passaggi di produzione da vino classico a dealcolato, non migrino anche i composti aromatici; solo alla fine, è prevista l'aggiunta finale di zuccheri e componenti acidi per ottenere una sensazione che rievochi il sentore "alcolico" al momento dell'assaggio.
All'estero, queste pratiche venivano, per l'appunto, già adottate. I produttori italiani, in precedenza, si avvalevano di questi espedienti per produrre vini no e low alcol. Il decreto sancisce ora la possibilità di produrli anche in Italia, consentendo di ridurre l'alcol partendo da vini fermi, spumanti e frizzanti. Restano, per il momento, fuori da questa pratica i vini a denominazione di origine protetta (DOP) e indicazione geografica protetta (IGP): si tratta di vini fortemente legati ai territori di produzione che prevedono parte dei processi (o tutti) nel luogo d'origine.
A tal proposito, viene fatta una specifica sui luoghi di produzione dei dealcolati: nella prima bozza si vincolavano le operazioni di dealcolazione a specifici stabilimenti separati da quelli per vinificazione e imbottigliamento; mentre nel decreto finale, questi vincoli non ci sono più. Si potranno effettuare nello steso stabilimento, purché avvengano in ambienti separati.
Federvini ha affermato: «La firma è giunta entro l’anno come promesso dal ministro - ha osservato la presidente Micaela Pallini - e si tratta di un risultato significativo per il comparto vitivinicolo italiano, in una cornice normativa che non lasciava molti margini di manovra». La Federvini aggiunge che continuerà a «lavorare per valorizzare la tradizione e il patrimonio enologico italiano, anche attraverso l’introduzione di nuovi prodotti capaci di rispondere alle esigenze di un pubblico, soprattutto internazionale, sempre più attento e diversificato».
UIV, (Unione Italiana Vini) nella figura di Paolo Castelletti dice: «Dobbiamo concentrarci sulla fase attuativa. Ora chiediamo massima collaborazione degli organi di controllo per accompagnare e supportare le imprese negli adempimenti previsti dal provvedimento».
Insomma, al di là dell'apertura verso nuove frontiere legate al vino (e anche ai distillati), ci auguriamo che il decreto possa essere innanzitutto un'occasione per chi aveva rinunciato a bere vino e alcolici per motivi di salute. Tuttavia, non pochi dubbi si aprono sulla questione costi (per attuare le pratiche di rimozione di alcol) e sulla loro resa finale, in materia di affinità organolettiche.
Certo è che le potenzialità di questo settore, in termini di crescita in volumi e in fatturato, sono notevoli: l'intero segmento, secondo l'IWSR (istituto londinese specializzato in consulenza e ricerche nel mondo del beverage), prevede una progressione annua del 4% in volume entro il 2028, contando un giro d'affari delle bevande analcoliche di oltre 4 miliardi di dollari entro il 2028.
Staremo a vedere cosa succederà!
Fonti:
- Svolta storica: anche in Italia si produrranno i vini dealcolati. Lollobrigida firma il decreto
- Vino dealcolato: i pochi pro e i molti contro di una riforma inevitabile
- In Italia si potrà produrre vino senz’alcol
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